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Ferrari, dalle origini del mito alla Borsa

Come si è arrivati a costruire il brand più famoso del mondo? Perché il Drake è riuscito là dove hanno fallito in molti? Viaggio nel genio del fondatore e nei segreti della storia della casa di Maranello che ora viene quotatata a peso d'oro- Il catalogo della 166  - e della 212

Un mito, sette lettere. La Ferrari oggi è il brand più famoso al mondo, ha debuttato alla Borsa Usa lo scorso luglio e oggi in quella "nostra" come una star. Questa è una marca che sfocia nella leggenda, dove realtà e finzione si miscelano in tutt'uno. Una fabbrica che produce sogni, non automobili e che per questo rende difficile, molto difficile, ricostruire come si possa essere arrivati a tanto. Come sia stato possibile che un'azienda in un paese povero, uscito a pezzi dalla guerra, sia diventata così famosa producendo macchine da corsa e Gt costosissime. Tutto si deve ovviamente ad Enzo Ferrari. E in parte alle sue manie. Si sa, i geni spesso sono pieni di manie. Ma il Drake era una cosa a parte anche in questo: non prendeva mai l’ascensore, l’aereo o il treno, non andava mai in vacanza, non viaggiava mai e negli ultimi quarant’anni della sua vita non si è spostato dalle sue piccole isole felici di Modena e Maranello. Il catalogo della 166 Il catalogo della 212

In realtà, nonostante i successi planetari, Enzo Ferrari viveva nella più totale solitudine. E, questo suo distacco dal resto del mondo ha contribuito non poco a creare l’immagine del mito, dell’uomo irraggiungibile, del costruttore di auto invincibili.

Ma una bella definizione del mito, parlando di Tazio Nuvolari, ce la regala lo stesso Commendatore che era, si sa, letteralmente stregato da Tazio Nuvolari, in particolare dal suo incredibile modo di guidare: erano gli anni in cui lo stesso Ferrari era un pilota e anche per questo “Nivola” lo aveva stregato: «Sul famoso stile di guida di Tazio Nuvolari», scrisse Ferrari, «se ne sono dette di tutti i colori. Succede del resto sempre così, quando un uomo arriva ai limiti dell’impossibile: si impadronisce di lui il mito e, allora, se faceva il pugile, si racconta che sapeva uccidere un toro con un pugno, e se faceva il pilota, che percorreva le curve su due ruote».

Ecco, lo stesso è successo alla Ferrari, una volta che il mito si è impadronito delle Rosse, tutto diventava possibile. Vincere senza volante o a fari spenti nella notte, persino senza una ruota. Ardimento e passione.

Ma nella ricerca dei tanti perché del mito Ferrari non si può trascurare un aspetto fondamentale: Enzo Ferrari fu un precursore delle moderne leggi di marketing, quando questa disciplina non era stata ancora inventata... Quando ad esempio il Drake realizza la sua prima auto da corsa, la vuole a 12 cilindri. Una complicazione assurda e inutile, che però, dopo la prima vittoria della famosa 125 Sport – al Gran Premio di Roma – fa spalancare le porte del successo grazie ai finanziamenti di banche e creditori. Dodici cilindri voleva dire esclusività, altra tecnologia, raffinatezza meccanica.

Enzo Ferrari approfitta subito della situazione: la 125 viene messa in vendita. E chi vuole correre con quella vettura, può anche avere il supporto logistico nelle varie competizioni. Tra l’altro, caso unico all’epoca, Ferrari realizza anche un piccolo libretto per pubblicizzare la 125: otto pagine di colore giallino dal titolo Programma di fabbricazione. Il marketing come dicevamo a quel tempo non esisteva ancora, ma Ferrari ne conosceva bene già tutti i segreti. Sulla copertina e sulla seconda pagina c’erano stampati due enormi cavallini rampanti, il simbolo della scuderia che voleva imporre come marchio. E, a proposito di marchio, anche il carattere ferrari era scritto in modo insolito e assolutamente personale, con lettere bianche contornate da una grande ombra nera. Differenziarsi significava emergere. Ed emergere significava vincere. Ossia sopravvivere in quegli anni difficili del dopoguerra.

Ecco cosa raccontava Ferrari nel depliant:

Realizzando questo limitato gruppo di piccole automobili sportive, che denomineremo 125 Sport, Competizione o Gran Premio, abbiamo inteso costruire una nuova macchina frutto di nostri studi e precedenti costruzioni.

La nostra ventennale esperienza di automobilismo agonistico, la dettagliata conoscenza delle numerose esigenze che sorgono dall’uso della macchina spinta o destinata alle competizioni sportive, ci hanno guidati nel realizzare i tipi 125. Queste macchine vi offrono, con le loro particolarissime caratteristiche che non trovano riscontro nelle note costruzioni di serie, la sicura possibilità di soddisfare i diversi gradi della vostra passione sportiva. La semplicità estrema delle soluzioni adottate, l’accelerazione fulminea, la velocità, la frenatura, il peso ridottissimo, la stabilità perfetta, il limitato consumo, sono la sintesi dell’auto 125.

Prima di fare il vostro programma per la futura attività sportiva, prima di acquistare una autovettura per le vostre esigenze, compiacetevi ricordare la Scuderia Ferrari e scriveteci. Grazie

Non è tutto: come se non fosse già abbastanza, la lettera finiva con la sua firma autentica e ogni volta il nome “125” era stampato in rosso, a caratteri cubitali. Insomma sembrava che quel depliant fosse scritto da Henry Ford in persona per l’effetto che faceva sul pubblico dell’epoca. In più, poi, c’erano anche tre dettagliatissime schede tecniche delle tre diverse versioni di 125, Sport, Competizione e Gran premio. Schede che, con una dovizia di particolari mai vista prima, spiegavano ai possibili acquirenti come era fatta quella vettura. All’epoca bastava avere tra le mani quel piccolo libretto per sentirsi già vicini alla Ferrari, vicini al mondo delle corse, vicini al mito.

Insomma, il Drake fu il primo a lavorare sull’immagine di marca, sul brand come si direbbe oggi. Ma fu anche un vero pioniere delle sponsorizzazioni, riuscendo, caso unico al mondo all’epoca, a guadagnare soldi dalle corse mentre tutti i suoi concorrenti ne perdevano per far gareggiare le macchine.

È lo stesso Drake a raccontare la sua strategia: «Una delle prime volte che incontrai Valletta questi mi rivolse una domanda curiosa: “Ferrari, mi dicono che lei riesce a fare le corse d’auto e a guadagnare dei soldi, mentre noi, Fiat, ci siamo stancati per le eccessive spese che esse comportano”. Gli spiegai che quelle scritte che avevo sui camion della mia scuderia erano dei fornitori che sovvenzionavano la mia attività. A quei tempi non si chiamavano ancora sponsor. E aggiunsi che dalla Shell, ad esempio, prendevo 120.000 lire al mese. Valletta rimase scioccato».

Oggi in Formula1 gli sponsor sono alla portata di tutti ma nessuna scuderia riesce a organizzarli e a gestirli con tanta maestria. Accanto agli sponsor classici, che a volte collaborano anche con la fabbrica, la Ferrari ha poi un gruppo di fornitori molto importanti, partner che collaborano direttamente a fare grande la Ferrari. Insomma in totale una cinquantina di aziende che “spingono” letteralmente la casa di Maranello.

Di tempo, da quando la Shell dava a Ferrari 120.000 lire al mese, e da quando Valletta rimase scioccato per questa esorbitante cifra ne è passato davvero tanto...


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