Primavera del 1969, Fiat presenta al pubblico la sua ammiraglia: la 130. Spinta da un motore a sei cilindri di 2,8 litri, arriva dopo una gestazione lunga ben 6 anni in un momento storico completamente diverso rispetto a quello nel quale il progetto era partito: adesso le pagine dei giornali sono cariche di titoli sulla rivoluzione studentesca e l’autunno caldo degli scioperi sta per arrivare. È la macchina sbagliata nel momento sbagliato.
Il motore viene giudicato subito molto fiacco e la carrozzeria con un design troppo superato. Fiat corre subito ai ripari e in pochi mesi presenta una versione con motore più potente da 160 Cv e l’anno successivo una nuova versione di 3,2 litri.
Quest’ultima beneficia anche di una nuova plancia, presa a prestito dalla bellissima versione coupé, decisamente meglio finita e completa della prima versione, che era povera di dotazioni e con un disegno vecchio
La Fiat 130 ha però una serie di pregi importanti; anzitutto una tenuta di strada molto buona e sicura, senz’altro una spanna sopra alle sue rivali dell’epoca, Mercedes e Bmw in testa. Poi frena ottimamente con 4 freni a disco, i materiali e le finiture erano molto curati, disponeva di servosterzo, quattro vetri elettrici e poteva essere richiesta con l’aria condizionata
Tra i difetti rimane la scarsa brillantezza, ulteriormente mortificata dal cambio automatico offerto in opzione rispetto al 5 marce e soprattutto un consumo mostruoso di carburante.
Infatti in media non si percorrevano più di 3 o 4 chilometri con un litro! Un consumo degno di una Isotta Fraschini degli anni ’30. Molte 130 vennero comprate da ministeri e istituzioni pubbliche e diventarono “auto blu”. 130 è stata tra l’altro involontaria protagonista nel 1978 di un drammatico fatto di cronaca: il rapimento dell’onorevole Moro: era infatti l’auto sulla quale Moro viaggiava quel terribile 16 marzo.
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